Andando in barca, a volte condividi tempi molto lunghi. Dopo un po’, senza accorgercene, la conversazione inizia a farsi più rara, intervallata da pause crescenti. E i silenzi si allungano. È una situazione che a terra genererebbe naturale imbarazzo, ma a bordo no. O comunque, non su Shasa, non tra amici, non con Fabrizio.
Penso sia così per molti, quasi per tutti quelli che vanno per mare regolarmente. Ma ogni volta che me ne accorgo è come una magia che si ripete. Sicuramente succede perché in barca hai poche cose da fare, ti godi il panorama, e tutti sono contemporaneamente attori, spettatori e scena.
Ma penso che tanta naturalezza nel non dire niente nasca anche da una buona sintonia con Fabrizio (sperimentata anche appesi a una parete rocciosa), e allo stesso modo con tutti gli altri. E allora in certi momenti il silenzio non è più un vuoto, ma un pieno che arricchisce ciascuno e che nessuno vorrebbe negare all’altro.
È prezioso, questo poter stare senza dire niente, e sentire che anche l’altro prova molte delle stesse emozioni che provi tu.
Poi succede che, vivendo tanto a contatto, specie se siete “solo” in due e se non ti chiudi proprio a riccio, i tuoi pensieri arrivino molto vicino ai suoi, e spesso lo anticipi, sapendo già cosa sta pensando o cosa sta per fare. È naturale e spontaneo, ma anche molto appagante perché, mentre godi del “tuo” silenzio, ne cogli anche i benefici su chi è lì con te.
Sarà anche per questo motivo, che ogni istante passato a bordo, in silenzio o meno, vale molto più del medesimo tempo speso a terra.