Cosa si prova in barca, come nasce la passione per la vela, come puoi descrivere quel che ti lega ai tuoi compagni di equipaggio, cosa ti resta quando scendi a terra? L’amico Emanuele, storyteller e giramondo, nel 2010 ne aveva già scritto sul suo Lamezzastagione e, gentile come sempre, mette a disposizione il suo testo per Shasa. Gliene siamo grati.
Caprera, Polinesia
“Succede che con le persone che ti stanno intorno, persone che non hai mai visto prima e che hanno età, provenienze e lavori diversissimi dai tuoi, nasce qualcosa. Una cosa che non è solo amicizia perché li conosci da troppo poco tempo, una cosa che non è amore perché quello lo riconosceresti. E’ una cosa che non hai mai provato perché non sei mai stato in un posto che sembra il paradiso con l’odore del mirto e del mare, perché non hai mai passato 7 ore in mare ogni giorno, perché ogni sera sei stravolto e sei felice e le facce abbronzate che ti stanno intorno assomigliano alla tua, perché sono sorridenti. Allora capisci che non è amore, non è amicizia, è qualcosa di più è come se le persone che ti stanno intorno fossero un po’ anche te, come se l’isola e la scuola fossero uno specchio in cui ognuno scopre una parte di sé che non conosceva, e tutti la sera in camerata prima di addormentarsi sentono quel muscolo nuovo che vibra sotto la pelle, e sanno finalmente dargli un nome: si chiama passione e un po’ ti fa capire chi sei, perché finalmente hai capito cosa ti piace“.
C’è forse qualcosa da aggiungere? Forse sì: che questa è la descrizione del Centro Velico Caprera che diede Matteo Caccia nella sua trasmissione Vendotutto, qualche mese fa, il giorno in cui mise all’asta un corso settimanale di vela.
Le passioni possono essere intrinseche a noi, oppure possiamo scovarle in noi: io ancora non so se mai ho “trovato” una nuova passione nella vela, quindi non so se ho scoperto finalmente qualcos’altro di me, però ho capito il significato di quelle frasi virgolettate là sopra.
L’ho capito perché ho trascorso una settimana a Caprera, inizialmente tra stanchezza, paura e paura del disinteresse, presto sostituito da desiderio di apprendimento e “distacco” temporaneo dal mio mondo, a loro volta divenuti presto senso di sopraffazione degli elementi naturali sui propri pensieri, incapacità di pensare a tutto quanto era stato lasciato fuori da quell’arcipelago.
In fondo è un po’ come sentirsi proiettati in una dimensione paragonabile a quella di “Lost”, con un gruppo “nostro” e uno riferibile agli “altri”, un senso di mistero e uno di condivisione sempre presenti, le due parti del cerchio come in un Tao.
Ci sono soprannomi che, al solo pronunciarli, hanno il potere di sentirsi come dopo una settimana in una Spa (“Polinesiaaaa!!”), c’è un vocabolario che descrive un mondo di componenti e di azioni nautiche che sembra aramaico all’inizio, e diviene naturale dopo solo una settimana.
C’è che il ritmo è incalzante e sembra di essere sopraffatti, ma come sempre il fisico reagisce prima della mente e la guida al nuovo lifestyle, con naturalezza. Si scoprono compagni di corso che sembrano te, coi loro atteggiamenti e pensieri sull’Italia decadente (ebbene sì, pure lì!), l’altruismo e il cameratismo in barca.
L’ineffabile senso di intima soddisfazione nel constatare che la parola equipaggio significa uno e gruppo allo stesso momento, e che si sta facendo una bella figura nel farne parte.
Poi ci si cerca, si commenta, si condivide una bottiglia di mirto a collo, si canta attorno ad una chitarra. Ci si sente adolescenti a 35 anni, adulti a 18, entusiasti a 60. E poi il discorso di commiato che ci coinvolge e ci commuove. “un pezzo del vostro cuore s’è già staccato e giace sul fondo di Porto Palma”; “Una volta caprerini, per sempre caprerini”; “potrete parlare di tutto questo solo con chi ha vissuto le stesse esperienze: quando vi sembrerà di aver dimenticato tutto, un colpo di vento tra i palazzi in città, o l’azionarsi del tergicristallo, aprirà il portone dei ricordi e un fiume in piena si riverserà su di voi aprendo un mare di sinapsi”.
Certe frasi colpiscono duro.
Ancor più forte poi è ritrovarsi a sbirciare all’aeroporto due istruttori scambiarsi effusioni e versare lacrime, dimentichi delle famiglie che li aspettano a casa.
Non so se la vela sia già diventata una mia passione, saranno i prossimi mesi a dirlo. Ad ogni modo Caprera è stata una bellissima esperienza che consiglio a tutti, anche in età adulta. L’insegnamento più grande è sulle passioni in sè: scovarle è un pò come imparare a conoscere sè stessi, qualcosa di straordinario che per questo va inseguito lungo tutto il corso della propria vita. Chi ha passioni, si ricordi di alimentarle sempre; chi non le ha, si dia da fare per trovarne. Il segreto? il solito: mettersi in gioco.