Qualche anno fa, prima che tutto incominciasse, Fabrizio mi regalò “La lunga rotta” di Bernard Moitessier, che divorai con foga e rilessi (cosa rara) quasi immediatamente. Ovviamente, sapeva benissimo in cosa mi stava cacciando, perché anche lui è ancora malato cronico di quella roba lì(*). Per la prima volta in vita mia, per quanto ricordi, feci intenzionalmente un’orecchia alla pagina di un libro per poter ritrovare un certo passaggio.
Pochi giorni fa, Quella Pagina, mi è tornata sotto gli occhi, citata in un altro libro (“Mollo tutto e vado via”, Gabriele Mazzoleni, Mursia 2015) dedicato a come organizzarsi un anno sabbatico in barca a vela.
Tra questi due momenti ho iniziato ad andare in barca sul Shasa, ho avuto la fortuna di incontrare il #shasadreamteam, che ha dato vita a shasa.it, e ho iniziato a scrivere, finalmente, di qualcosa che mi piace e che tocca l’anima (o quel che è) di tutti noi. Più volte ho cercato di descrivere la magia di trovarsi in mezzo al mare (ad esempio qui). Nel frattempo mi ero dimenticato di Quella Pagina. Oggi, rileggendola, nello stile asciutto, pratico e diretto di Moitessier, mi accorgo di quante parole ho sprecato inutilmente. Perchè tutto quel mondo, tutta quella roba lì, è perfettamente detta, in queste poche righe.
“Ho sempre avuto la convinzione che le lunghe traversate in mare producono nel mio animo una profonda pulizia delle lordure che si sono accumulate nei periodi trascorsi a terra: non appena si perde di vista la costa, l’uomo si trova faccia a faccia con il proprio Creatore e non può rimanere indifferente alle forze della natura che lo circondano. Il suo corpo e il suo spitito, liberi finalmente delle servitù e delle necessità terrestri, possono infine ritrovare la loro purezza e la loro integrità inquegli elementi naturali che gli antichi avevano eletto a loro divinità. Vento, Sole e Mare sono la trinità del Dio dei marinai”
Bernard Moitessier “La lunga rotta” (Mursia, 1999)