Allo stadio zero di avannotto, sei in coperta, durante la traversata, e non capisci niente di quello che succede a barca, mare e vento.
Dopo un po’ di tempo ti accorgi che senti tanti rumori, ma che hai iniziato a ignorare quelli ordinari (il motore a regime, l’effetto del vento sulle vele, l’onda di carena…) per prestare orecchio solo a quelli più strani. Un surriscaldamento, un urto di relitto galleggiante sullo scafo, un segnale acustico, una birra che viene stappata… Cerchi di distinguere solo ciò che può comportare eventuali pericoli o che richiede comunque un tuo intervento.
Passa altro tempo a bordo, sei in rada e intuisci di aver fatto un passo avanti quando, senza esserne cosciente, inizi a desiderare di sapere da dove viene il vento, dopo il risveglio, appena metti il naso fuori dalla tuga. Vuoi sapere che giornata potrebbe essere. E ti accorgi che, accidenti è vero, appena sveglio avevi notato che non c’era tanta onda…
Hai fatto un altro passo quando tenti di capire la direzione del vento ancora prima di uscire, mentre sei ancora in branda, e cerchi una risposta guardando da dove il sole entra in cabina. Dovrebbe essere facile perché, quando è alla fonda, la barca è sempre orientata prua al vento (come i gabbiani quando non volano)… ma magari ci riuscirò la prossima volta!
Un giorno uscirai dal guscio e inizierai a sentire il vento per davvero. Almeno il quadrante di provenienza lo intuirai sulla pelle senza doverti voltare o senza dover guardare il windex, e la sua intensità la saprai guardano il mare (onde, ochette e spruzzi) e la forma delle vele.