Tutto, intorno a noi a 360°, è solo mare piatto. E stelle in quantità vergognosa. Stelle cadenti! Formulo desideri come un bambino.
Tutto intorno è il vuoto buio della notte in mare aperto, con il cielo che sembra proprio, anzi, è una cupola semisferica. L’assenza in cui siamo immersi è anche nel silenzio, che cogli nonostante i rumori costanti del motore a 2.200 rpm e dell’onda di carena. Ma questi rumori scompaiono, ripetendosi da ore, mentre le orecchie sono tese a cogliere solo le eventuali variazioni (raffiche, un surriscaldamento, urti contro relitti galleggianti, avvisi sonori…). La nostra scia si vede a stento, non fosse per quel quarto-di-luna che la rende appena evidente.
Fabrizio finalmente si è deciso a dormire un’oretta. Il timone automatico tiene la rotta, lavorando senza sosta. Shasa è spinta a 6.4 nodi dal motore e dalla randa. Lontano, alcune luci di navi in transito su rotte che incrociano la nostra.
Siamo solo lui ed io, quindi io sto di guardia, immerso in questo vuoto sospeso, seduto in mezzo alla porta di casa proprio al centro di Shasa, appoggiato al tambuccio. Me ne approprio, o lei si appropria di me, tanto che sento che inizio a farne parte, e la mia mente come per magia si svuota di tutto. Tranne che delle cose-che-devo-fare: sono di guardia.
Mi piacciono le notti di traversata, mi piace stare di guardia, smettendo di sentire il peso del sonno.
Leggo una pagina di libro per passare il tempo, poi passo l’orizzonte a 360°, annotandomi mentalmente le posizioni delle navi attorno a noi, poi le osservo col binocolo cercando luci rosse o verdi per capirne la rotta, verifico la nostra rotta e velocità, prendo nota dell’ora, e ricomincio da capo. Una pagina di libro per passare il tempo, poi passo l’orizzonte a 360°, riprendo la guardia…
Non so quanto tempo passa realmente, ma sento che tutto funziona bene nella mia testa e dopo qualche giro d’orizzonte realizzo di essere pienamente presente, concentrato come forse non sono mai stato prima in vita mia su nient’altro. Il mio sonno di prima, insinuato da qualche birra e dal Whisky-del-compleanno-anticipato-di-Fabrizio, è scomparso appena lui si è messo giù, lasciando il posto alla mia piena e assoluta dedizione a Shasa e al resto dell’equipaggio appisolato in pozzetto.
Adesso sono solo, in mezzo al nulla totale, con la responsabilità di una barca, della quale sento il respiro sulla vela e la pressione positiva del mare sullo scafo. Riesco a quasi percepire cosa prova Fabrizio in certi momenti, la sintonia naturale e spontanea che nasce con il mare, con il vento, con Shasa. E con la responsabilità di chi la porta, con la mia attenzione nel valutare dove siamo e dove saremo, e che non corriamo rischi.
Questo mio stato di grazia dura un tempo indefinibile (che ora saranno? l’una, le due, forse le tre), un tempo sospeso come il vuoto nel quale mi sento immerso, finché sono di guardia. E stare di guardia, così concentrato e consapevole, potrebbe estendersi per un tempo indefinito. Potrei continuare a farlo per sempre, se solo l’alba non venisse mai…
Giusto un momento di fuga, appena realizzo quanto sono concentrato, per chiedermi se mai riuscirò a ripetere tanta competente applicazione in tutto il resto, nella vita di tutti i giorni, a terra, in mezzo alle altre persone e senza la trasparente intercessione di Shasa. Ma è ora di ricominciare la guardia. Vai, un altro giro di orizzonte!