Far fatica, ancora, e ancora

Regata dell’Invernale 2013-2014, affollata e con vento teso.

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Fabrizio doma il mascone (e, indirettamente, concorrenti e Comitato)

Poco prima della partenza c’è il solito traffico a rischio intasamento sulla circonvallazione sud-ovest della barca-comitato. Dobbiamo virare in continuazione per starne fuori fino all’ultimo. Fabrizio pare trasformato. Ha mille antenne rizzate, i suoi occhi non stanno fermi un attimo e sentiamo il suo cervello mentre frulla mille soluzioni al secondo per evitare collisioni, guadagnare una posizione vantaggiosa e per arrivare veloci al colpo di cannone. Noi (Giuliano, Lia ed io), nonostante la ruggine e le emozioni, cerchiamo di gestire randa e genoa meglio di come abbiamo mai fatto. Ma la tensione della partenza è più che palpabile e la voce di Fabrizio al timone non ammette alternative, ritardi o intoppi: “Viriamo, veloci!” “Viriamo ancora ma non cazzate subito!” “Molla genoa, dai!” “Viriamo!” “Cazza veloce, acceleriamo!”.

Siamo partiti quasi senza accorgercene, sfilando veloci come una Trepistoni tra i TIR e adesso dobbiamo difendere la posizione, perché le altre barche fanno gara su di noi. È fantastico darci dentro così, perché vedi che Shasa va (eccome se va! ci scambiamo un rapido sorriso compiaciuto). Ma dopo 10, 12 virate e cazzate senza riuscire neanche a respirare, siamo sudati marci sotto l’abbigliamento invernale, storditi dalla concentrazione e dalla tensione della partenza (pare sia l’adrenalina, pensa un po’, la stessa degli “sport estremi”). Le braccia pulsano indolenzite, le mani bruciano gelate sotto i guanti, la schiena urla pietà, ma bisogna virare ancora, perché Agapimu sta virando e noi andiamo in copertura. Una volta partiti, dopo ogni manovra torni a sedere in falchetta, così ogni volta che devi manovrare (“Pronti a virare, dai, veloci!”) devi alzarti e tornare in pozzetto. Falchetta-pozzetto-falchetta, falchetta-prua-falchetta. Sono queste le nostre rotte interne su Shasa. A volte devo andare a prua, e con la barca piegata di 30 gradi spostarsi in coperta diventa una mezza arrampicata: uso mani e piedi e anche solo riuscire a muoversi senza perdere l’equilibrio, con un po’ d’onda, richiede dispendio di energie.

Il lato di bolina si dipana e ora non manovriamo più: restiamo a svernare in falchetta mentre Fabrizio continua a timonare concentrato. Sembra, letteralmente, Robocop. E Shasa è un elastico caricato al massimo. Il freddo e il vento gelano il sudore sulla pelle. Lo sforzo ora è diverso, devi resistere alla scomodità della postura e alla rigidità dell’aria tagliente. E devi stare lì aggrappato, tutto il peso possibile fuori dalle draglie con mezze chiappe incastrate nella falchetta, perché sai che altrimenti Shasa non correrà come sa fare. Non lo vorresti perché è fatica, ma lo vuoi, eccome se lo vuoi! Desideri fare solo e tutto il possibile per avere quel decimo di nodo che sul lato di bolina ti regalerà una, forse due lunghezze di vantaggio in boa.

E mentre in falchetta vedo la nostra onda scorrere sotto i miei piedi, esco dal mio corpo indolenzito per vedere in maniera nuova tutta la mia vita da domani. Le cose per cui dovrò fare una fatica diversa, ma ne dovrò fare, e tanta: l’amore, che non deve mai aspettare “il momento buono” e va praticato in ogni modo ogni giorno; il lavoro, dove non posso non fare passi avanti, violando la mia pigrizia; la famiglia e le amicizie, ché non fileggino mai. E la mia vita appare come un profilo di terra all’orizzonte, incerto ma visibile. Cosa voglio davvero, per me, per noi? Continuare a correre, sempre più veloce, sulla ruota del criceto? Un’alternativa seria, anche se in un altro luogo? Realizzare un sogno, costruendo una nuova realtà fatta di mare, vento e vela?

Adesso non importa cosa sarà, adesso so solo che dovrò faticare ancora. Perché se vuoi una cosa, se la vuoi veramente e intensamente, non puoi permetterti di mollare e devi dare tutto te stesso per farla al meglio. Se vuoi far correre la tua vita come sai che può fare.

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Barcolana 2012, l’arrivo a Trieste dello #ShasaDramTeam

2 commenti

  1. Grandissimo Jac, come al solito leggerti è come vedere un bel tramonto dal pozzetto sorseggiando un bicchiere di mirto, riempie di emozioni!

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